Il seme di Nasirijah. Dal dolore alla speranza
Venerdì 4 dicembre 2009 alle 20,45 presso l’Auditorium Verdi della Fiera di Verona si terrà un incontro con Margherita Coletta, vedova del brigadiere Giuseppe Coletta morto nell’attentato di Nasirijah del 2003, e la giornalista Lucia Bellaspiga, coautrice del libro Il seme di Nasirijah. L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dall’attentato di Nasirijah, Iraq, 12 novembre 2003 – diciannove vittime italiane tra cui il brigadiere Giuseppe Coletta – alla fondazione dell’Associazione “Giuseppe e Margherita Coletta – Bussate e vi sarà aperto”, che si prefigge il compito di aiutare i bambini iracheni. L’itinerario dal dolore alla speranza e all’impegno concreto in favore delle vittime della guerra si svolge nelle parole di Margherita Coletta, vedova del brigadiere Giuseppe, raccolte dalla giornalista di «Avvenire» Lucia Bellaspiga in un libro pubblicato da àncora. È il racconto di una donna che perde un figlio di sei anni di leucemia, poi il marito di trentotto in un attentato, ma non perde la forza di credere. Anzi, scrive l’inviato del Tg5 Toni Capuozzo nell’introduzione, «è quella che le restituisce forza di vivere e di aiutare gli altri a vivere». Margherita Coletta stupì gli Italiani quando in un’intervista affermò: «Dio non può volere il mio male, dunque qualsiasi cosa mi mandi io mi fido, Lui sa cosa è bene per me». Non è una donna ingenua; dà un giudizio duro sulla guerra irachena, conosce lo strazio del dolore, la difficoltà di crescere una bambina che aveva due anni quando il padre fu ucciso. Eppure, il suo racconto ci chiede di stare davanti a questo fatto misterioso, come fa lealmente nella postfazione la giornalista Ritanna Armeni, pur non condividendo la fede semplice e forte di Margherita e Giuseppe: «Malgrado tutto, malgrado siano toccati tanto drammaticamente dalla barbarie e dall’odio, non smettono di amare, di desiderare di darsi agli altri, di credere». L’iniziativa costituisce una preziosa occasione di incontrare una persona che testimonia con la sua vita che dalla guerra e dalla sofferenza si può uscire migliori, si può trovare la ragione per fare del bene.