Antonia Arslan: L'epopea delle donne armene
La Fondazione Giorgio Zanotto, la Società Letteraria di Verona e il Centro di Cultura Europea Sant’Adalberto sono lieti di invitarLa all’incontro “L’epopea delle donne armene: da La masseria delle allodole a Il libro di Mush“ che si terrà lunedì 27 maggio 2013 alle ore 17,30 presso Società Letteraria di Verona – Sala Montanari (Piazzetta Scalette Rubiani, 1 – Verona). Ingresso libero fino a esaurimento posti. Da anni Antonia Arslan ha messo al centro della sua opera il genocidio che nel 1915 ha colpito il popolo armeno. Ne La masseria delle allodole ha raccontato la tragedia della sua famiglia armena, ne Il Libro di Mush la Arslan, che più che una storica si definisce una cantastorie, racconta un episodio di coraggio femminile. Durante la fuga dall’Armenia due donne riescono a salvare l’antico libro simbolo della cultura armena che pesa ventisette chili ed è alto quasi un metro, smembrandolo e portandolo con sé. Il romanzo è la storia toccante del loro tentativo di portare in salvo questa preziosa memoria della loro comunità a rischio della loro vita. Non sono molti i conflitti nei quali è stata data una lettura di genere, una visione della tragedia vista con gli occhi delle donne. Nel genocidio armeno un milione e 500 mila Armeni cristiani vennero sterminati dai Turchi. Gli uomini vennero condannati alla fucilazione immediata; alle donne venne riservato un destino, se possibile, ancora più atroce: la deportazione. Donne, vecchi e bambini vennero fatti marciare per giorni e giorni verso false destinazioni con l’obiettivo di morire di fame e di stenti. Violate, stuprate, umiliate, quelle donne dal carattere forte e sensibile non si arresero. Si deve proprio alle donne se il popolo armeno ha continuato ad esistere. “Alle donne – evidenza Antonia Arslan – è stato affidato il gravoso compito di preservare la memoria del popolo armeno. Sono state loro, durante la diaspora, a farsi carico di garantire che tradizioni, cultura, e anche le ricette tradizionali armene non venissero dimenticate. Le donne armene sopravvissute al genocidio conservarono e trasmisero con cura ai loro figli non solo la lingua e la storia del popolo ma anche abitudini, costumi, canzoni e ricette di cibi tipici. Le donne armene – sottolinea la scrittrice – avevano un elevato livello culturale dovuto anche a una diffusa scolarizzazione”. Donne che, nei loro diari, hanno immortalato la tragicità dei momenti vissuti durante la deportazione.
Antonia Arslan
Laureata in archeologia, è stata professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulla galassia sommersa delle scrittrici italiane (Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra ‘800 e ‘900). Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan — del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane e Mari di grano — ha dato voce alla sua identità armena. Ha curato un libretto divulgativo sul genocidio armeno e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia. Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, La masseria delle allodole, che ha vinto il Premio Stresa di narrativa ed è stato finalista del Premio Campiello e che tre anni dopo è diventato un film dei fratelli Taviani. Nel 2009 ha pubblicato il libro La strada di Smirne cui sono seguiti Cronache dal mio risveglio, Il cortile dei girasoli parlanti e Il libro di Mush. Foto di Antonella Anti Comunicato stampa post evento – di Anna Ortolani Si deve alle donne se il popolo armeno ha continuato ad esistere. E un tributo al coraggio e alla determinazione delle donne è l’ultima fatica della scrittrice Antonia Arslan Il Libro di Mush. La storia raccontata da Antonia Arslan trae ispirazione dai fatti accaduti nella piana di Mush nel 1915, quando la terza armata turca in ritirata dal fronte russo sterminò quasi tutta la popolazione armena che vi risiedeva, circa 100.000 abitanti. La leggenda riguarda il ritrovamento e il salvataggio dell’Omilario di Mush, il più grande dei testi armeni, un prezioso manoscritto miniato del 1202 pesante quasi 28 chili, che nel 1915 ha rischiato di andare distrutto dalla furia devastatrice dei turchi. L’autrice del best seller La masseria delle allodole è stata ospite della Società Letteraria di Verona in un incontro organizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Zanotto e il Centro di Cultura Europea Sant’Adalberto. “Alle donne – ha evidenziatola Arslan- è stato affidato il compito di preservare la memoria del popolo armeno. Sono state loro, durante la diaspora, a farsi carico di garantire che le tradizioni, la cultura, perfino le ricette tradizionali armene non venissero dimenticate. Le donne armene sopravvissute al genocidio conservarono e trasmisero con cura ai loro figli non solo la lingua e la storia del popolo ma anche abitudini, costumi, canzoni e sapori del loro Paese.” Al Presidente del Centro di Cultura Europea Sant’Adalbertoa Carlo Bortolozzo, che le ha chiesto se la capacità del popolo armeno di raccontarsi ha contribuito alla sua sopravvivenza e a rendere tollerabile il ricordo del genocidio, la scrittrice (che si autodefinisce una cantastorie), ha risposto che visitando le comunità armene di Francia e Stati Uniti ha riscontrato una tendenza a rinchiudersi nelle proprie enclaves e solo attraverso i racconti nei diari e nei quaderni dei membri della comunità armena ha potuto “studiare” quanto era successo. “La pena condivisa è diventata racconto – ha spiegato – spesso tramandato in forma orale. Per questo dico che la mia non è una ricerca storica ma un racconto in cui si intrecciano diverse storie, come l’insieme di fili e di tessuti che creano un tappeto, e il tappeto è la storia della civiltà armena.” Sul ruolo della donna nella civiltà armena,la Arslanha ricordato che nell’Armenia antecedente al genocidio c’era un’alfabetizzazione totale, con scuole superiori e licei con classi maschili e femminili. Con il genocidio i maschi furono sterminati e le bambine di 12-13 anni obbligate a sposare uomini turchi: era loro vietato parlare la lingua d’origine e cercare i parenti. “Fu il tentativo di portare la cultura armena nella tomba – afferma – ma le donne portarono avanti la cultura e la memoria della loro patria. Nel 2015 sarà il centenario del genocidio e il riconoscimento da parte del governo turco non è ancora avvenuto. Credo che si debba lavorare per conservare la memoria storica degli avvenimenti e aiutare gli Armeni a vivere in Armenia (il cui territorio oggi ha un’estensione pari a un ottavo rispetto a quella originaria). Il governo turco cerca in ogni modo di isolare gli armeni, infatti ha chiuso le frontiere rendendo più difficili e complicati i contatti, ma degli spiragli ci sono: il turismo è in crescita e anche se il governo non riconosce quanto accaduto, tutti i turchi sanno cos’è successo. Il libro – concludela Arslan- vuole anche essere un omaggio alla bellezza, che in mezzo a tanto orrore, rappresenta ancora un elemento di speranza e di salvezza a cui vale la pena sacrificarsi per combattere la violenza e l’oppressione.” Rassegna stampa L’Arena 27maggio2013 PER VEDERE IL VIDEO DELL’EVENTO CLICCA QUI